Gallipoli, giugno 2020

Gallipoli, giugno 2020

Vale ancora, e varrà chissà per quanto tempo ancora, il concetto obliterante del “purché sia verde”. 

Gli spazi verdi attuali perciò non sono più giardini, non sono più idee, del trasalire vibrante, che osavano poggiarsi con levità rispettosa sulla storia del luogo. Idee che sorgevano da sole  e facevano si che il giardiniere tornasse a stare lì come protetto in un’ansa di calma, riparata dalle pretese del mondo.

Parafrasando Gianni Celati credo che fare giardini sia innanzitutto “immaginare il luogo com’è”.

 

Note tecniche: Nei giardini una modalità operativa di ciò è il green grass realizzato con la tecnica del mixed herbaceous borders, in cui vengono previste erbacee ad adattamento mediterraneo per privilegiare la naturalezza dell’impatto.

L’utilizzo di questa tecnica spiega lo spiccato desiderio di creare delle bordure belle anche nelle torride estati meridionali, di facile manutenzione dunque e di sicuro effetto dove si privilegia l’impiego di graminacee “en masse” dall’aspetto leggero che fanno da tessuto primario, dove vanno ad inserirsi cuscini di piante perenni e piccoli arbusti a foglia grigia.

La composizione paesaggistica diventa assenza di soluzione di continuità tra il progetto e ciò che cresce in modo autoctono.

Il risultato ultimo che si ottiene è una sapiente scenografia, una mimesi progettuale all’interno della natura, dove la vita è perenne e rigogliosa in ogni stagione.