Il principio del terreno (Aradeo), dicembre 2020

Il principio del terreno (Aradeo), dicembre 2020

Quella che oggi chiamiamo “fisiologia” era in Cina pensata piuttosto come “struttura” o meglio, “coerenza interna” allo “sviluppo del vitale”, in lingua cinese, sheng-li, dove conta più di tutto la perennazione della fertilità, quando parliamo di terreno. Qui il gioco fondamentale consiste nel non deviare neanche un minimo dalla coerenza dei processi dell’omeostasi locale nell’omeoresi globale che mantengono la vita.

Perciò diciamo che “fisiologia” è un termine europeo, scientifico e restrittivo, per indicare qualcosa di più vasto (sheng-li) che collegava, all’interno della stessa articolazione: la medicina, l’igiene e la filosofia.

Alla luce di ciò, parlando di terreno agrario, il concetto di restituzione dei nutrienti andrebbe revisionato alla luce delle nuove acquisizioni dell’agricoltura sinergica e dell’agrologia. L’agronomia “fisiologica”, ci suggerisce che la fertilità agronomica è quella legata alle giuste pratiche colturali che si distinguono sia da quelle per conseguire la fertilità naturale che da quelle poste in essere per ottenere la fertilità artificiale.

La fertilità agronomica ha dunque un carattere acquisizionale agrario. Questa è la fertilità che cerca di realizzare il risultato limite superiore della produttività conseguibile (eco-sostenibilmente!) da ogni terreno.

L’insufficienza nutrizionale dei terreni è da imputare nella maggioranza dei casi, non dalla carenza assoluta di un qualche elemento chimico, ma da carenza biochimica e funzionale dell’”organo del terreno” in conseguenza della quale gli elementi chimici permangono allo stato potenziale e, cioè, inefficiente.

La ragione è indubbiamente da ricercarsi nell’insufficiente funzionalità dell’organo biochimico della fertilità che necessita di essere alimentato continuamente di materia organica derivante dal sistema generatore vegetale.

Soltanto in queste condizioni l’organo della fertilità potrà assolvere alla sua funzione di “digestione” delle riserve minerali insolubili del terreno fondamentale.

Con l’incremento demografico si dovrà necessariamente produrre sempre di più con meno risorse.

Da agronomi occorrerà ragionare più insistentemente su ciò che non consideriamo ancora sprechi.

Pragmaticamente, con i ragionamenti agronomici di “fisiologia” del terreno, si tratta di riuscire ad intensificare la redditività in maniera ecosostenibile. Per mantenere le comunità sul territorio questo deve rimanere agronomicamente vivo; invece non ci pensiamo mai a questi “collegamenti naturali”, tanto ovvi quanto offuscati dalle sole manie econometriche.

Inoltre, mi chiedo se abbia davvero un qualche senso parlare tout court di piante resistenti alla siccità. Ragionando agronomicamente (agronomia come scienza ecologica) penso piuttosto che ogni pianta andrebbe intesa resistente o meno a qualche fattore ambientale, nella sua unitarietà di sistema “pianta-suolo”. È quindi forviante valutare la pianta isolata come il terreno a sé, ma è necessario ed utile (ri)pensare piuttosto ad un sistema pianta-suolo, come un sistema agro-botanico integrato.

In un terreno davvero fertile, sono in atto complesse interazioni dinamiche degli apparati radicali con i microrganismi presenti nel suolo per rendere disponibili all’assorbimento, elementi come l’azoto ed altri oligoelementi e minerali deficitano nei terreni destrutturati dalle lavorazioni, tali meccanismi di auto-fertilità sono impediti e le piante stentano a crescere autonomamente. Dipende quindi da carenti osservazioni l’assunto errato che sia necessario compensare le perdite di fertilità del terreno attraverso la determinazione di calcoli agronomici che fanno ritenere la fertilizzazione indispensabile all’alimentazione minerale delle piante.

Per intendere il metodo sinergico è allora necessario prima di tutto provare una forte empatia verso la complessità dell’organismo terra-suolo.

Si schiude davanti una fitta rete di relazioni vitali tra piante e microrganismi e la massa organico-minerale che senza saperla ancora meglio definire, chiamiamo terreno, mentre meriterebbe di più l’approfondimento del registro poetico.

Si tratta di evolversi ancora: solo chi è dotato della capacità poietica, creativa, può, per analogia, raffigurarsi il processo creativo della Natura…