La giardinizzazione del paesaggio – Melendugno – dicembre 2023

La giardinizzazione del paesaggio – Melendugno – dicembre 2023

Attraversiamo paesaggi quasi sempre sugli stessi percorsi. Potremmo dire che l’uomo moderno fa conoscenza delle apparenze offerte dal territorio quasi sempre dalle stesse prospettive. Mentre ci si catapulta da un punto ad un altro nello spazio terrestre, il paesaggio rurale carico di segni e significati diventa quasi un fardello in più che reclama la sua fetta d’attenzione a cui però non ci si può affatto dedicare.

È sempre stato un lusso osservare senza secondi fini lo spazio intorno. Neppure oggi che ce lo potremmo permettere, di più che un tempo, ci facciamo coinvolgere oltre il limite (non scritto) di una serietà socialmente accettabile.

Tutto intorno si trasforma a velocità inusitate. Restano solo frammenti di ruralità decadente e assediata, sparsi come coriandoli dopo una festa di carnevale. I Piani Urbanistici nascono già superati dall’immaginazione di coloro che vedono solo la comodità e il business dalla terra. Terra come spazio, senza più nessuna poetica. La terra vale solo se è “murativa” sentii dire da un intraprendente imprenditore passato da poco nell’edilizia. Ultimi granelli di mondi di vita rurali passati nella clessidra dei secoli. Neoruralità deruralizzante, trasformazioni dei profili accelerati dalle camionate di nuove piante e dai movimenti terra degli escavatori che sagomano spazi verdi inventati (in ambiente CAD) su basi di creatività paesaggistica. Alla fine li chiamiamo giardini.

Creata la bellezza privata possiamo certo ignorare quella pubblica ed attraversare senza particolari patemi ciò che resta intorno. Vagolo come un disadattato paesaggistico confuso e qualche volta in cerca delle parole giuste per descrivere questa nuova civilizzazione della terra.

Nel realizzare un giardino siamo disponibili a rinunciare a quegli effetti intensivi dati dai panorami eccezionali “da giardino”, appunto? Perché non sappiamo apprezzare e riprodurre il semplice e l’ordinario e ci sforziamo invece di rendere sempre troppo eccezionale lo spazio sovra imponendo un altro paesaggio alieno e difficile (oltre che costoso) da mantenere? Sarà forse vero, parafrasando Schopenhauer, che solo un genio, cioè colui che cerca la conoscenza e la rappresentazione in quanto tali, può concepire il paesaggio, dove l’opera è il fine mentre per tutti gli altri è il mezzo?