Santa Maria di Leuca, settembre 2020

Santa Maria di Leuca, settembre 2020

Guardandomi attorno non posso non pensare che una volta i paesaggi erano solo l’opera della necessità. Erano insieme funzione e struttura, nessuno ricercava in essi un’estetica particolare. Bisognava prima saziarsi bene per cominciare a speculare sulla bellezza delle pietre.

Un arabesco di muretti a secco mi sembra un gesto paradossale di estrema inutilità minerale, di pietre che cingono altra roccia. Ora che questi luoghi non devono più saziare nessuno appaiono come giardini rocciosi avvolti da siepi di lentisco* e olivastro**, che giacciono come nuvole appressate al suolo, limate dal vento.

Un paesaggista giovane, fresco di accademia di un paese occidentale, potrebbe pensare ad un’opera di land art già visto in qualche libro di architettura. Il senso del passato sfuggerebbe alla sua mente, dovrebbe pensarci. Ciò che sfugge oggi è quell’intuizione di un manufatto utile a proteggere le scarne conche di terra rossa e le piante coltivate su di essa.

Gli sfuggerebbe il senso della sopravvivenza, eppure inscritto sulla pietra, di questo scampolo di paesaggio appeso sul mare.

 

* Pistacia lentiscus

**Olea europaea