L’arte di scomparire del paesaggista; Novoli (LE), settembre 2022

L’arte di scomparire del paesaggista; Novoli (LE), settembre 2022

Quella del paesaggista (e di tutti coloro che in tale ruolo si pongono) è sempre un’azione difficile da capire e perciò il paesaggista (o chi per lui) ha sempre difficoltà a farsi comprendere. Un pensiero di complessità circonfonde i luoghi, anche i più degradati, dove solo per una esigenza di praticità si giunge a conclusioni progettuali che debbono apparire sempre del tutto impostate e concludenti. Ciò lungi da deprimere il ruolo del paesaggista, lo rende invece un apporto unico, speciale e disponibile, mai scontato. Ed ecco formulato quello che può apparire un paradosso: il paesaggista è tanto più importate quanto minore appare il suo apporto nella configurazione di un paesaggio. La sua è quella che potremmo chiamare un’azione discreta, quasi nascosta che si sottrae sempre all’esibizione, perché ne riconosce e sospetta subito la inconcludenza e la vanità. La sua è un’estetica ecologica, ma non fa, neppure dell’ecologia, un totem. Il paesaggio difatti non si presta ad essere ragionato (e manipolato) troppo scientificamente.

Superare ad esempio il concetto di vegetazione potenziale a favore di “the fittest vegetation” (la vegetazione più “calzante a pennello” – Ingegnoli 2002, 2005; Ingegnoli e Pignatti, 2007) che indica la vegetazione più “di successo” (alle specifiche condizioni climatiche, geomorfologiche e stazionali di un certo luogo definito, in un limitato e definito periodo di tempo, in funzione del principale range di disturbi incorporabili naturali ed antropici, attuali e della storia pregressa del luogo stesso in condizioni naturali o non-naturali*.

Tale concetto, unito al principio che “…il comportamento di un sistema dipende non soltanto dai suoi elementi componenti, ma anche dal modo in cui essi sono assemblati e disposti…” (Principio Proprietà Emergenti) evidenzia un grande cambio di prospettiva anche nelle applicazioni della pratica paesaggistica.

Farsi più che altro “fattore tra i fattori” che agisce e modifica i luoghi, sentirsi prima di tutto parte del paesaggio. Ciò è quanto potremmo definire “l’efficacia discreta del paesaggista”.

 

*Canopia sopra una villa storica leccese nel crepuscolo di fine estate (Washingtonia robusta sp., Quercus ilex, Pinus pianea, ecc)